Di Liliana Comandè.
Ci sarebbe così tanto da dire su come eravamo, purtroppo non lo siamo più…e dobbiamo prenderne atto.
Negli ultimi tempi mi sono venuti a trovare in ufficio molti “vecchi” amici, dipendenti del turismo e del trasporto aereo. Inevitabilmente il discorso è “caduto” sui tempi d’oro di quelli che erano considerati fra i più bei mestieri del mondo. Si è parlato del turismo e del trasporto aereo dei periodi in cui ancora esistevano le “gloriose” compagnie aeree come la Pan American e la TWA, e degli agenti di viaggio, quando erano considerate figure professionali indispensabili sia per gli operatori che per i vettori ma, soprattutto, per la clientela. Sì, quelli erano veramente bei tempi! Era tutta una grande famiglia nella quale ci si trovava bene. Ci si conosceva un po’ tutti ed esisteva quel senso di amicizia anche al di fuori del lavoro. Ci s’incontrava per delle grandi grigliate nelle seconde case di chi le possedeva. Si amava l’azienda, per la quale si lavorava, come se fosse stata di nostra proprietà. Tutti contribuivano al benessere della società con grande impegno e passione.
Certo, i lavativi sono sempre esistiti e c’erano anche allora, ma si potevano contare veramente sulle dita delle mani. A quei tempi c’era un altro modo di concepire il lavoro e le amicizie. Si era più semplici, più ingenui, forse, ma si era orgogliosi di far parte di un mondo che era considerato “privilegiato” perché si poteva viaggiare, si poteva parlava di destinazioni che moltissime persone neppure sapevano che esistessero. Solo a Roma c’erano tante di quelle compagnie aeree, tutte situate fra via Bissolati e via Barberini che, era un piacere incontrare gli impiegati, durante l’intervallo del pranzo, e riconoscerli dalle divise che portavano con estrema eleganza e orgoglio di appartenenza. Oggi di compagnie aeree ne sono rimaste ben poche, molte hanno i GSA e i rapporti che si avevano con quelle che venivano considerate delle “grandi famiglie”, non esistono quasi più. Sono cambiati i tempi, è vero, ma a cambiare siamo stati anche noi. Il mondo non muta da solo, ma siamo noi che, cambiando, lo modifichiamo.
Dopo tanti discorsi e un bel po’ di piacevoli e nostalgici incontri, mi è venuto in mente di riprendere e modificare un mio vecchio articolo, che avevo scritto proprio su richiesta di chi lavorava nel settore, e che lo aveva fatto tornare indietro nel tempo…quello bello che, ormai, non tornerà più. Questo editoriale è dedicato a quei giovani che, purtroppo per loro, non hanno potuto conoscere quei periodi, ma anche a chi ancora ne fa parte rammaricandosi di non poterli rivivere più!
Come eravamo…
Tutto cambia, tutto si evolve. Eppure…qualche volta viene voglia di tornare indietro nel tempo, non tanto perché si rimpiange la giovinezza ma perché si ha nostalgia per qualcosa che oggi non c’è quasi più: il rispetto per gli altri e l’entusiasmo per ciò che si fa. Chi appartiene alla mia generazione avverte un senso di malessere nel constatare quanto siano modificati i costumi e, purtroppo, in peggio. La maleducazione e l’intolleranza sono imperanti e, naturalmente, anche il settore turistico è pieno di persone poco educate, poco cortesi e…che lavorano solo per ritirare lo stipendio a fine mese. Ricordo che alla fine degli anni sessanta e ai primi dei settanta c’era il mito degli assistenti di volo ( e non quello dei calciatori e delle veline).
I ragazzi e le ragazze sognavano di indossare la mitica divisa della compagnia di bandiera e girare il mondo. Allora il viaggio in aereo non era ancora appannaggio di molti e, quindi, c’erano meno aeromobili e meno bisogno di steward e hostess. C’era una selezione molto spietata e le/i fortunati prescelti erano sempre molto belli, molto motivati e…, talvolta, molto raccomandati. Però c’è da ammettere che quando si entrava in un aeromobile, in questo caso di una qualsiasi compagnia aerea, si veniva accolti da personale elegante, curato, cortese e molto sorridente. Durante il volo ci si sentiva coccolati e si ammirava il volto sempre sorridente e rassicurante degli assistenti ( alcune volte definiti “gli angeli dei cieli”) che si prendevano cura dei passeggeri.
Si aveva il massimo rispetto per la loro professione e si invidiavano per la “fortuna” che era capitata loro. A quel tempo ci sembrava fosse giusto che il personale dovesse essere bello e quanto mai rappresentativo dei paesi di provenienza, era come se ne rappresentassero la popolazione.
Ma, d’un tratto, ci si è accorti che la massa incominciava a prendere l’aereo per i suoi spostamenti, sia di lavoro che di piacere, così le flotte dei vettori incominciarono a crescere e ci fu sempre più bisogno di assumere personale di volo. Ma pian piano qualcosa è incominciato a cambiare a bordo degli aerei.
Non sempre si veniva (e si viene tuttora) accolti con un sorriso, anzi, capitava e capita anche oggi, di non essere neppure salutati quando si entra e quando si esce dall’aeromobile. Ci si incominciò ad imbattere in assistenti di volo che sembravano aver appena lasciato il grembiule di casa per infilare quello della compagnia. Alcuni avevano (ed hanno) qualche chilo di troppo e l’aspetto sciatto e poco curato.
Se arriviamo ai giorni nostri, notiamo che la bellezza sembra diventata un optional, così come la professionalità. Dai corsi che frequentano non sempre esce personale all’altezza del ruolo che riveste. Eppure non dovrebbe essere tanto difficile o faticoso sorridere e tranquillizzare con la propria aria sicura e serena i viaggiatori che si imbarcano.
In fondo i passeggeri sono gli ospiti momentanei di una “casa volante” e gli assistenti i padroni capaci di offrire una buona accoglienza. Per alcuni di loro, però, sembra che questo sia un concetto difficile da comprendere. Viaggio molto per lavoro e posso dire che sono rimaste ben poche compagnie aeree ad avere personale all’altezza della situazione e a comprendere il significato del loro lavoro.
Peccato, perché chi non ne esce bene è sempre la compagnia aerea che viene identificata con il suo personale. Perciò se si riceve un buon servizio e una buona ospitalità se ne avvantaggia, in termini di pubblicità positiva, sia il vettore che il personale stesso, altrimenti le negatività si ripercuotono contro entrambi. Infatti, a volte la scelta di una compagnia, piuttosto che un’altra, viene decisa proprio in base al servizio offerto a bordo (assistenza, accoglienza, calore umano) e le compagnie orientali, in quanto a questo, hanno molto da insegnare alle alte. Forse, come dicevo all’inizio, è una questione di educazione, di dignità e senso di responsabilità per la professione che si svolge. Bisognerebbe pensare più spesso oltre che ai propri diritti anche ai propri doveri nei confronti degli altri.
Però, in realtà, a quell’epoca non esisteva solo il mito dell’assistente di volo ma anche quello del semplice impiegato di compagnia aerea, sia che operasse in aeroporto o in città. E’ vero, a quei tempi chi lavorava in una compagnia aerea, soprattutto se straniera, aveva uno stipendio più elevato rispetto alle altre categorie di lavoratori. Era considerato un privilegiato quanto chi lavorava in banca, anzi di più. Infatti, oltre a guadagnare bene aveva l’opportunità di viaggiare spendendo pochi soldi. Un privilegio, questo, riservato ancora a pochissimi dato che i prezzi dei voli non erano di certo quelli, a volte ridicoli, di oggi.
Gli amici dei “fortunati” rimanevano sempre a bocca aperta davanti a foto, diapositive o a filmati in super8, che ritraevano paesi soltanto immaginati. E quanto orgoglio c’era nelle parole dei loro genitori quando raccontavano ai parenti tutti i viaggi dei figli. In quel periodo, infatti, ci si concedevano quasi sempre vacanze estive in Italia o, quando c’era una certa disponibilità economica, week end in Europa. Non c’era Internet e le agenzie vendevano tantissimo tutte le capitali europee. Durante le cene con gli amici, con finta nonchalance, e con falsa umiltà, i “fortunati” narravano episodi lieti o disavventure di viaggio, fingendo anche una padronanza delle lingue straniere che (a volte) non si aveva affatto.
Chi non ricorda le domeniche trascorse nei pressi degli aeroporti per osservare quelle meravigliose “macchine volanti” che elegantemente decollavano e atterravano a distanza ravvicinata?.
Era tutto così nuovo, così avveniristico che ci si sentiva parte integrante del futuro, perché gli aerei rappresentavano il futuro e un mondo non facilmente accessibile a tutti.
Che fortuna poterne far parte e che gioia, ogni volta, trovarsi in un aeroporto con le valigie in mano pronti per una nuova avventura in qualsiasi parte della terra! Quella terra che diventava sempre meno estranea, meno immensa e meno misteriosa.
E quanta felicità si provava quando si incontrava un connazionale a Bangkok, a New York o a Parigi!
Ma, anche, quanti pregiudizi all’estero nei confronti degli italiani! Gli unici “esemplari” conosciuti, infatti, erano stati i nostri poveri emigranti degli anni ’40-’50 che, certamente, non potevano rappresentare la realtà degli italiani degli anni ’70.
In America, addirittura, c’era chi domandava se in Italia avevamo tutti il frigorifero in casa o possedevamo un’automobile ( anche oggi, tuttavia, c’è chi chiede se si possiede un computer personale).
Da noi non c’era ancora la televisione a colori come in America, ma non si era proprio poveri come gli americani immaginavano! Il piatto nazionale, poi, non era davvero quello degli spaghetti “whit meats balls”. Quanta ignoranza c’era nei nostri confronti e che fatica far capire che l’Italia non era più quella del dopoguerra!
Erano i tempi della gloriosa Pan American, delle spese effettuate a New York dal “Triestino” e da “Romano”, negozi frequentati dai dipendenti di compagnia aerea che acquistavano a poco prezzo occhiali, ombrelli e orologi “griffati”, che rivendevano poi ai colleghi. Si vendeva di tutto, insomma, e anche di più…In quel periodo non erano ancora esplose destinazioni come i Caraibi e Cuba, Santo Domingo e le altre isole tropicali non erano ancora nei sogni degli italiani.
Il massimo di allora erano le isole Key West, le Bahamas e le Hawaii. In alternativa c’era Bangkok, dove si poteva acquistare qualsiasi tipo di merce a poco prezzo. Anche in questa città c’era un grande via-vai di impiagati che si “ caricavano” di macchine fotografiche e magliette “ firmate” da rivendere agli amici.
Abituati alle cucine internazionali erano, con gli stranieri che vivevano in Italia, gli unici clienti dei primi e ancora rari ristoranti cinesi o indiani.
Gli agenti di viaggio: professionisti e consulenti di viaggi riconosciuti tali dai clienti
A quell’epoca, i parenti “poveri” dei dipendenti di compagnia aerea erano gli agenti di viaggio che, a differenza dei primi, non avevano le stesse agevolazioni per viaggiare né gli stessi stipendi (come oggi, d’altronde. Sono passati tanti anni ma le cose non sono cambiate affatto!). I titolari, di solito, erano persone che avevano viaggiato per lavoro o per piacere ed avevano una certa conoscenza delle mete che vendevano. Fungevano da veri consulenti e, quindi, avevano la grande soddisfazione di parlare e descrivere ai propri clienti – con cognizione di causa – i paesi che avevano visitato.
I clienti si affidavano totalmente agli ADV e sognavano in anteprima le destinazioni che avevano scelto per le proprie vacanze. Non essendoci ancora quella concorrenza spietata che c’è oggi (la liberalizzazione ha creato tanta confusione nel settore e la nascita di troppe agenzie di viaggio) la fidelizzazione avveniva sulla base delle capacità e del rapporto di fiducia che l’agente di viaggio sapeva instaurare con il proprio cliente, in realtà, allora meno pretenzioso, saccente e più facile all’approccio umano.
In poche parole, allora, anche se lavoravano tutte le agenzie di viaggio, emergeva sugli altri e poteva contare su una clientela fidelizzata solo se si era un vero professionista del turismo.
E, poi, com’era – e come dovrebbe essere anche oggi – si guadagnava piuttosto bene, perché non c’era ancora la mentalità né l’usanza di scontare i prezzi dei cataloghi degli operatori. Non c’erano ancora i troppi charter, che sono stati un po’ la rovina del settore, e, quindi, non esisteva neppure il dannoso “last minute”. I cataloghi degli operatori riportavano i prezzi inerenti le due stagionalità – dal 1 aprile al 30 ottobre e dal 1 novembre al 31 marzo – più i supplementi per le date che comprendevano l’alta stagione. Il cliente non “faceva la spesa” nelle varie agenzie ricattando l’ADV, come avviene da qualche anno, con i preventivi di altre agenzie in mano. Il lavoro dava tante soddisfazioni perché l’agente vedeva ritornare in agenzia le stesse persone che avevano già prenotato altri viaggi ed erano rimaste soddisfatte dei servizi ricevuti.
L’agente di viaggio si sentiva soddisfatto e anche un po’ importante perché aveva il bel compito di concretizzare i sogni dei clienti che si affidavano completamente all’esperienza del venditore.
C’è anche da dire che, all’epoca, il cliente non cercava il pelo nell’uovo o tentava di sfruttare situazioni a suo vantaggio e non esistevano ancora le associazioni dei consumatori alle quali rivolgersi per ogni stupidaggine (si dovrebbero scrivere libri nei quali riportare tutte le pretestuose lamentele di chi non sa viaggiare, di chi disonestamente cerca di trovare appigli per farsi ridare indietro i soldi del viaggio e di chi, per la tranquillità sua e dell’adv, non dovrebbe mai uscire dal “raccordo anulare”.
I charter, quei pochi che c’erano, non creavano quasi mai problemi di ritardo, e quando accadeva, i passeggeri capivano che c’erano dei problemi tecnici e attendevano in aeroporto tranquilli o accettavano di trascorrere la notte in un albergo vicino l’aeroporto. I ritardi, sia dei voli di linea che dei voli speciali, non erano mai un grosso problema e i giornali non montavano scandali ad ogni “alitar di vento”.
Le tariffe aeree erano basate sulle distanze che si percorrevano (per intenderci, non si assisteva all’assurdità di pagare 200 euro un biglietto per una capitale europea e 180 0 300 euro per New York, come accade oggi).
Quindi, dobbiamo pensare che a quei tempi si era più ingenui o si era un po’ più onesti di oggi? Io direi entrambe le cose. Certo, c’è veramente da rimpiangere come si era e come si è diventati oggi. L’avvento di Internet ha cambiato tante cose, e questo è vero, ma è l’uomo che è cambiato ed ha modificato le cose in maniera tale da non potersi fidarsi più neppure della sua ombra, figuriamoci di un agente di viaggio!
Si potrà tornare indietro da questo stato di cose? Sarà possibile solo quando ci sarà un accordo fra operatori, agenti di viaggio e istituzioni. Una pubblicità progresso sul valore aggiunto – perché è veramente un valore aggiunto quello che dà un agente di viaggio rispetto ad una “macchina” – potrebbe far ritornare nelle agenzie quella clientela che pensa di risparmiare prenotando sul PC.
Eh sì, perché se riuscisse a farsi fare un preventivo per lo stesso volo, lo stesso albergo e gli stessi servizi, si accorgerebbe che quasi sempre il prezzo applicato dall’agenzia di viaggio è più conveniente di quello che trova su Internet…A volte le persone, per pigrizia, “smanettano” sul PC piuttosto che recarsi in un’agenzia di viaggi, oppure, proprio per quella diffidenza verso chi è lì per offrirgli il meglio del viaggio al miglior costo, pensa di essere più bravo e furbo e prenota servizi online anche a prezzi superiori.
Credo che ci sarebbe ancora molto da dire su come eravamo, purtroppo non lo siamo più…e dobbiamo prenderne atto.
Liliana Comandè
Con molta nostalgia ho letto questo articolo e ringrazio per aver ricordato qualcosa che rimarra’ per sempre nei nostri ricordi.
grazie Liliana
leggo con commozione perché erano veramente bei tempi e si lavorava bene. Ora non facciamo altro che prendere calci dai fornitori e dai clienti. Grazie per scrivere queste cose in quanto spero faccia riflettere molte persone che oggi si credono tutti degli agenti di viaggio nati. E’ ora che si faccia chiarezza in questo marasma. Ciao da Cagliari
Bello, tanto bello da dirti grazie. Quest’anno compio 40 anni di attività turistica spesi tutti in agenzia, e se mi guardo indietro rivedo tante persone con le quali ho condiviso momenti più o meno belli ma che, comunque, hanno fatto e fanno parte della mia vita. Oggi, devo dire la verità, questo lavoro non mi appassiona più… Troppa ineducazione da tutte le parti, troppa convinzione che basti poco per fare di tutto e di più. Oggi lavoro per il senso di responsabilità che mi lega alle persona che lavorano con me da anni, e che – in me e nella mia famiglia – credono ancora. Per il resto… Posso dire di aver tanti gran bei ricordi.
Cara Miriam, è vero, i ricordi ci portano a pensare a quando eravamo giovani, ma era veramente tutto così eccitante e nuovo. L’entusiasmo, poi, era qualcosa che non riscontro più nelle giovani generazioni. Bisogna guardare avanti, ed è giusto che sia così…però, un’occhiata al passato, fa sempre bene, soprattuto quando quel passato ci riporta alla mente tempi belli.
Un abbraccio anche a te.
Andrea, questa volta ho scritto qualcosa che sentivo di scrivere, non soltanto per chi quei tempi li ha vissuti ma, soprattutto, per chi neppure può immaginare che ci siano stati. Quell’entusiasmo e orgoglio per una professione bella come quella dell’agente di viaggio, non l’avverto più negli ADV e me ne dispiaccio molto. Sono così lontani i tempi in cui ci si sentiva importanti anche se si era impiegati e non titolari delle aziende. Oggi, spesso, e come accade in quasi tutti gli altri settori, anche questo bel lavoro è visto come qualcosa che ti fa ritirare lo stipendio a fine mese, e basta. Le lacrime, le puoi sempre versare lontano dalla tastiera…a volte fa bene piangere per il passato. E’ liberatorio, soprattutto quando quei tempi sembrano appartenere alla preistoria.
Grazie Joseph, come vedi, nel mio cuore e nella mia mente quei tempi ci sono sempre quei ricordi. Appartengono ad un passato indimenticabile, che difficilmente si potrà replicare.
Cara Tiziana, è vero, oggi si sentono tutti agenti di viaggio e non riesco a capirne il perché. E’ come se tutti ci improvvisassimo idraulici, architetti, falegnami ecc…senza averne le dovute conoscenze. Ma Internet lo fa credere e nessuno riesce a pubblicizzare che “ad ognuno il proprio mestiere” e quello dell’agente di viaggio non s’improvvisa.
Caro Fulvio, grazie anche a te per aver avuto la bontà di leggere, ancora una volta, un mio editoriale. Questa volta, come hai potuto notare, non era aggressivo verso qualche istituzione o categoria, ma vedendo come stanno procedendo le cose, mi è venuto un “attacco” di vera nostalgia per quello che è stato il nostro passato. A volte ho la tentazione di Abbandonare questo settore e mettermi a scrivere un libro, che è nel cassetto da oltre 10 anni. Il senso di responsabilità, quello che appartiene alla nostra generazione, ci tiene ancora attaccati a questo settore così cambiato, così peggiorato, diventato così poco entusiasmante. Forse, sono proprio i bei ricordi di quel tempo a tenerci legati al turismo. E’ come una malattia che non riesci a curare del tutto. E per fortuna, lasciamelo dire, nel settore ci sono le persone che appartengono alla “vecchia guardia”.
Cara Liliana, mi permetto di darti del tu come è d’uso nel nostro ambiente, ma una volta questo tu aveva un significato di ‘rispetto’ e spesso di ‘amicizia’ che oggi purtroppo è sempre piú raro trovare. Grazie per questo bellissimo viaggio nel passato, soprattutto per chi come noi quei tempi li ha vissuti, quando forse tutto era piú difficile da conquistare ed imparare perchè non c’era la ‘rete’ a semplificare certe cose, ma bisognava studiare, aggiornarsi ed avere sempre voglia di mettersi in discussione. Certo, non bisogna mai fermarsi e proseguire nel proprio cammino, ma penso che la gran parte dei veterani del turismo ricordano con nostalgia l’ABC e l’APT, il telex , ma soprrattutto il rapporto di fiducia e di rispetto che si instaurava non solo con il cliente, ma anche con i fornitori e tra di noi, in concorrenza certo,ma sempre con lealtà e rispetto reciproco.
Cara Elvira, hai ragione. I veterani ricordano con nostalgia l’ABC, l’APT e il telex (mamma mia sembra davvero di parlare di un tempo lontanissimo. I giovani non sanno neppure cosa sia un telex!) ma, soprattutto, come hai rimarcato tu la lealtà e il rispetto reciproco. Grazie
Ciao Liliana, grazie infinite per questo tuffo nel passato che ci hai regalato. Erano tempi meravigliosi, c’era molto piu’ rispetto per i lavoratori. Oggi si è solo capaci di pretendere e di diffidare. Mi dispiace tanto per i giovani del mestiere che non apprezzeranno mai quanto da te descritto.
Un nostalgico sguardo al passato per guardare con più fiducia al futuro. Grazie per averci fatto ritornare, per un momento, “giovani” e pieni di belle speranze. Un saluto da Gianluca Rossi
Grazie a te Mario. No, sono convinta che apprezzeranno anche i giovani.
Grazie Gianluca, abbiamo fatto tutti un “tuffo” nel passato. Speriamo che il futuro ci sia ancora per le nuove generazioni e per chi, come noi, ha visto i tempi belli del settore. Un saluto anche a te
bei tempi!era tutto più bello 30 anni fa!
..che malinconia..certo era più faticoso scrivere a mano biglietti aerei anzichè schiacciare un semplice tasto ma quante soddisfazioni in più…quando il cliente aveva ancora rispetto per il tuo lavoro e ti apprezzava per il professionista che sei e non uno qualsiasi che ha fatto qualche viaggio e pensa che essere un agente di viaggio sia solo questo!
pure io mi reputo fortunata…quando per inviare i messaggi usavamo il telex, le tariffe aeree erano regolamentate e non solo eravamo piú rispettati ma ci rispettavamo anche di piú tra noi!
Io credo che con i ricordi non si va da nessuna parte! guardiamo avanti se ci ritroviamo in questa situazione è anche un po’ colpa nostra… per anni abbiamo aspettato i clienti ci siamo pavoneggiati si saper questo e quello, ora il cliente è preparato ed è giusto che sia cosi!poi appena non varca piu’ la porta delle nostre agenzie non siamo capaci di farli rientrare.Ora c’è internet i pacchetti li dobbiamo fare noi.. basta il passato è passato..il presente è questo punto!! saluti MAssimiliano
non viviamo certamente nel passato, altrimenti non saremmo ancora qui dopo 27 anni..peró permettici un reflusso nostalgico e la condivisione di questo bellissimo articolo! Evitiamo almeno una volta di polemizzare a tutti i costi 🙂 Parlavo di rispetto nei nostri confronti e tra di noi e questo permettimi non dovrebbe mai diventare un ricordo!
la cosa brutta è proprio questa: cosa vedi se guardi avanti? Niente, i clienti ti calpestano, i colleghi li vedi col pugnale in bocca pronti a farti le scarpe, cosa c’è ora? Niente rispetto a quello che c’era prima. La nostra categoria è diventata il marcio più marcio che c’è. All’epoca dovevi dimostrare di essere un adv vero, ora qualsiasi cretino con 2 soldi in tasca e con 2 viaggi all’attivo si arroga il diritto di aprirsi un’agenzia di viaggi. Se questo è guardare al futuro ….
Sergio, è vero che era tutto più bello, e c’era il fatto di essere anche più giovani e pieni di entusiasmo.
E’ vero Elvira, era tutto più faticoso perché si doveva fare tutto a mamo, ma il cliente ti rispettava così come c’era un gran rispetto fra tutti coloro che lavoravano nel settore.
Massimiliano, sicuramente la colpa di come sono cambiate le cose, in peggio, è colpa anche degli ADV che non hanno capito che i tempi stavano cambiando e che gli italiani non sono i tedeschi – che amano comunque prenotare in agenzia – Il passato, però, anche se nostalgico, ci permette di capire di più il presente che viviamo e di non fare gli stessi errori per il futuro. Certo che bisogna guardare avanti, altrimenti la categoria si estinguerebbe come i dinosauri.
Elvira, sono d’accordo sul non polemizzare. Il mio voleva essere solo un cosiddetto “remind” di ciò che eravamo e che non siamo più. E sono ancora più d’accordo con te sul fatto che il rispetto fra agenti non dovrebbe mai diventare un ricordo, anche se per molti lo è.
Valentina, certo, la situazione umana è quella che è. Tu definisci marcia la categoria, ma è la nostra società che è marcia – e la società siamo sempre noi. Però cerchiamo di guradare al futuro, altrimenti l’unica cosa che ci resta da fare è chiudere la porta dell’agenzia e cambiare mestiere.
Ciao Liliana tanto per cominciare un caro saluto.;è vero sembra passato un secolo da quando nel settore aereo erando leadre compagnie come Twa e PanAm,non solo marchi prestigiosi,ma aziende la cui visione e modus operandi rendevano davvero lidea del turismo come un industria:la professionalità degli equipaggi,l accoglienza e la cura del cliente,coccolato dall inizio alla fine trasformavano il trasferimento aereo in una vera emozione di viaggio.Come è vero,e tu lo hai giustamente sottolineato,che gli agenti di viaggio erano una categoria considerata e rispettata,una categoria di professionisti,veri consulenti di viaggio che costruivano il progetto e il sogno di viaggio come un sarto fà con il suo abito.Per la direzione tecnica occorrevano anni o un esame e ricordo bene che la prima volta che,pur non conoscendomi,mi hai dato spazio per un mio intervento su Travelling Interline,fu proprio riguardo la questione della direzione tecnica,esperienza che ho vissuto personalmente,perchè non ritenevo giusto che,al contrario delle agenzie private,i network potessero aprire sedi a proprio piacimento con un solo direttore tecnico a scapito della professionalità del settore e di questo te ne sarò sempre grato.Oggi sembra passato un secolo:tutti si improvvisano consulenti di viaggio e,in tema di compagnie aeree,oggi chiamiamo flotta una compagnia che ha tre vettori e fra un pò venderà anche posti in piedi….con tanti saluti alle gloriose FLOTTE AEREE di TWA e PANAM.Ma come tu giustamente sottolinei,e su questo sai di avere sempre il mio supporto e conforto,il futuro siamo noi e,se vogliamo averlo, e siamo noi che dobbiamo impegnarci a scriverlo.Un grande abbraccio Rino
Grazie Rino, come sempre il tuo commento è sempre appropriato. E’ vero, gli agenti devono impegnarsi molto di più per poter avere un futuro e tornare ad essere considerati come delle vere e proprie figure professionali più che qualificate. Un grande abbraccio anche a te.