Le problematiche del lavoro alberghiero in Italia

In questi mesi nel nostro Paese si è più volte dibattuto sulle problematiche del lavoro in ambito alberghiero, sono emerse numerose contraddizioni e si sono formulate diverse ipotesi sul mancato incontro fra domanda ed offerta di lavoro.

 

E’ convinzione di chi scrive che la situazione per essere compresa ha necessità di maggiori e più articolati approfondimenti rispetto a quelli più volte manifestati da una o l’altra parte; in questo articolo analizzeremo il perchè di questo mancato incontro oltre tentare di individuare alcune soluzioni.

 

Certo è che la carenza di personale può frenare la ripresa ed avere ripercussioni dirette sull’economia del Paese che dipende per oltre il 10 % della sua produzione industriale dal turismo.

 

Per comprendere la situazione dobbiamo però fare un passo indietro, Marzo 2020 per la precisione, quando tutta l’Italia, oltre che il mondo, si ritrovò forzatamente chiusa in casa.

 

Nel fermarsi alcuni scoprirono nuove necessità che la routine giornaliera aveva fatto dimenticare, hobbies, passioni, rapporti umani, attività fisica, vari tipi di necessità riconducibili alla sfera personale e non solo a quella lavorativa.

 

Per alcuni questa dimensione è stata una sofferenza, per altri un nuovo benessere.

 

Un benessere in grado di cambiare alcuni paradigmi della vita, fra cui il lavoro.

 

Va aggiunto che in Italia non sono mancate varie misure di sostegno al reddito che, accanto ad un mancato controllo dell’incontro fra domanda ed offerta di lavoro, hanno permesso di rimandare un nuovo ingresso nel mercato del lavoro.

 

Tuttavia qui sta uno di principali nodi: se da una parte si afferma il reddito di cittadinanza, la disoccupazione ed altre formule sono in competizione con il reddito da lavoro delle due l’una: o il reddito da lavoro è troppo basso o il sussidio è troppo alto.

 

Il reddito di una persona che lavora e che dovrebbe produrre altro reddito non può essere cosi vicino al reddito generato da strumenti emergenziali e di sussistenza.

 

Se il reddito da lavoro è cosi basso o si è di fronte ad oggettive condizioni di sfruttamento, con beneficio di qualcun’altro, o si è in un settore oggettivamente problematico con bassi livelli di marginalità per gli investitori ed operatori del settore.

 

Dal mio punto di osservazione vedo una retribuzione da lavoro non idonea alla qualità ed alla quantità di lavoro prestato dall’altro lato è evidente una marginalità aziendale non in linea con gli investimenti necessari.

 

Una situazione decisamente complessa visto che da queste condizioni, non ne trae beneficio praticamente nessuno, ne chi lavora ne chi investe.

 

Una possibile soluzione potrebbe essere la defiscalizzazione, che tenuto conto dei sostegni erogati dal Governo, potrebbe rivelarsi quasi a costo zero, diminuire la tassazione per le aziende ed aumentare il reddito per i lavoratori che tra le altre cose avrebbero anche maggiori risorse per i consumi.

 

Ricondurre tuttavia la problematica ad una mera faccenda economica potrebbe essere fuorviante.

Dialogare oggi con le nuove generazioni con la dialettica del passato ha tutt’altro risultato rispetto a quello sperato, sono cambiate le necessità, le aspettative, le ambizioni.  

 

In Italia le carriere sono troppo lente, e questo per un giovane che misura la vita con metriche diverse rispetto alle generazioni passate è un grosso ostacolo per l’ingresso nel settore, le situazioni padronali nella gestione aziendale non sono più amate e il bilanciamento fra vita privata e lavoro è uno di requisiti fondamentali.

 

Tuttavia non solo i giovani non hanno volontà di inserirsi o reinserirsi nel mondo del lavoro ma anche le altre generazioni stanno sperimentando nuove condizioni di vita e probabilmente altri settori diversi dal turismo possono offrire condizioni più idonee a queste loro nuove esigenze; in assenza di opportunità gli strumenti di sostegno al reddito permettono un presente almeno di sostentamento.

 

Non va dimenticato inoltre che stazionare per anni nel medesimo ruolo, senza prospettive di avanzamenti di carriera ed economici può portare frustrazione nonché volontà di provare ad intraprendere nuove strade.

 

Un altro argomento che andrebbe ulteriormente approfondito è quello dei contratti di appalto.

 

Se da una parte l’outsourcing ha permesso di rendere flessibile la gestione della forza lavoro dall’altro la ha allontanata dall’azienda facendo venire meno quel senso di appartenenza che contraddistingueva la gestione diretta.

 

In alcuni casi ha creato veri e propri lavoratori di serie B con tutto ciò che poi ne è derivato in termini di mancanza di motivazione e frustrazione nel dover riprendere.

 

Forse in Italia la pandemia ha fatto venire a galla un aspetto decisamente non secondario ovvero che anche nel mercato del lavoro vige la regola dell’incontro fra domanda ed offerta e che questi due elementi si incontrano solo quando entrambi reputano soddisfacenti le reciproche condizioni.

 

Abbiamo ancora molta strada da fare.  

 

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