di Antonio Bordoni

 

Cieli liberi, compagnie in concorrenza, vietati i sussidi di Stato, che rimanga il migliore e gli incapaci periscano… erano questi alcuni dei capisaldi della deregulation voluta da Bruxelles i quali in pratica significavano che ogni compagnia fosse libera di operare come meglio credeva.  

Ma poi… ecco spuntare la sorpresa, ecco intervenire la onnipresente burocrazia, la voglia matta di poter mettere bocca su precisi temi, in pratica  ri-regolamentare ciò che si era voluto deregolamentare. Uno di questi temi è indubbiamente il vaglio, l’apertura di una istruttoria nel caso di unioni  fra compagnie in modo tale da permettere alle Autorità di Bruxelles di appurare se con la unione richiesta viene messa a rischio la concorrenza  nei cieli, nel senso che va determinato se dall’unione una delle due compagnie possa assumere la posizione dominante, monopolista.

Tutto sembra mirare al nobile scopo della tutela del consumatore, ma andando a ben vedere le lacune sono tante.  In primo luogo, lo abbiamo denunciato in diverse occasioni, dobbiamo far notare che la deregulation ha causato la formazione dell’oligopolio ed oggi in Europa, se ci si guarda intorno, dobbiamo prender atto che si sono venuti a formare tre mega gruppi centrati sui maggiori poli politici europei, Francoforte, Londra e Parigi. 

Prima domanda: avremmo avuto più concorrenza se ogni nazione avesse mantenuta attiva una sua propria compagnia aerea, od oggi che in pratica il numero di queste si è ridotto a tre? 

Altro esempio di come è mal ridotta oggi l’aviazione commerciale in Europa è data dall’esame dei componenti di quella mega galassia che prende il nome di Lufthansa Group

All’interno di questo contenitore, controllate da Lufthansa al 100 per cento, troviamo ben tre ex compagnie di bandiera di Paesi quali la Svizzera, l’Austria e il Belgio.

Seconda domanda: avremmo avuto più concorrenza se queste tre compagnie (o loro discendenti) fossero state lasciate libere di operare indipendentemente,  od oggi che esse sono controllate di Lufthansa?

E rimanendo sul tema che non crediamo affatto alla storiella della tutela consumatore, come non ricordare che a fronte dei mega gruppi che si sono formati in Europa, la UE ha avuto la sfacciataggine – scusate ma è questo l’esatto termine da usare –  a dicembre 2006 allorché Ryanair aveva presentato una offerta per rilevare Aer Lingus di avanzare il timore che una tale acquisizione avrebbe potuto ridurre la scelta dei consumatori e avrebbe potuto provocare un aumento delle tariffe?

Terza domanda: ma quando Air France ha accorpato UTA e Air Inter perché analoghi timori non sono stati avanzati?

Potremmo continuare ancora con altri esempi ma fermiamoci qui e dopo aver rammentato al pubblico queste poco edificanti storie, veniamo al dossier nostrano riguardante i ritardi nell’acquisizione del 41 per cento di Ita Airways da parte di Lufthansa.

Secondo quanto leggiamo sui nostri media il ritardo sarebbe provocato dalla preoccupazione di Parigi di veder troppo crescere il gruppo rivale e per giustificare tale ritardo, la Commissione userebbe anche in questo caso,  la necessità di  valutare attentamente i tagli di rotte, sempre al fine di tutelare gli interessi dell’indifeso consumatore.

Di certo, come abbiamo sopra ricordato i precedenti esistono. Sul problema dei tagli di rotta gli organismi comunitari hanno adottato discutibili e partigiane soluzioni ed è quindi, a nostro parere, del tutto superfluo  indagare se veramente il controllo di numeri e rotte giustificano il ritardo di Bruxelles. 

 

Il fatto su cui riflettere è piuttosto un altro. Anche su questo tema si inserisce la sempre presente italica abitudine di confondere le carte in gioco e alzare polveroni nazionalistici. Fino a ieri tutti i guai della nostra compagnia di bandiera derivavano da Ryanair, ora oltre all’incomodo irlandese si aggiunge anche la Commissione europea: i problemi della nostra compagnia sono sempre da ricercarsi oltre confine. 

Ma scendiamo anche  in questo caso più in dettaglio.  La Ita Airways è nata da poco, appena il 15 ottobre 2021, ed  è già nella necessità di trovare un partner; ciò non è assolutamente normale.

Quando si lancia una nuova compagnia in sostituzione di un’altra che da più parti si sosteneva era meglio far fallire, ciò avrebbe dovuto perlomeno fornire alla nuova nascitura una impronta di necessità, di occorrenza  la quale però a giudicare dall’eccessivo bisogno di un partner che fanno intendere gli articoli dei media, viene a mancare.  

Il sospetto che sorge è che il Governo italiano abbia il timore che un prolungamento nei tempi del matrimonio significhi il dover sborsare altri fondi per mantenere operativo il vettore.

A noi riesce difficile trovare nella storia dell’aviazione commerciale un altro esempio, uno solo, di un governo che lancia una nuova compagnia aerea con l’obiettivo di farla comprare quanto prima da un altro vettore.

Ora, potrebbe anche essere corretta l’ipotesi che il ritardo sulla decisione di Bruxelles nasconda  interferenze  particolari, dovute ad esempio a Air France o all’imminenza del voto al Parlamento europeo, ma ciò non cancella l’impressione della grottesca figura che l’Italia sta facendo in merito all’intera vicenda: aver voluto spendere soldi pubblici per rilanciare una compagnia aerea  di cui oggi vogliamo di gran fretta disfarci.

Tratto da  www.Aviation-Industry-News.com