Non crediamo vi siano altri settori che danno tanto da fare agli euroburocrati di Bruxelles quanto l’aviazione civile. Le notizie sui provvedimenti presi si susseguono a ritmo frenetico, senza sosta, e nel mirino sono sempre immancabilmente le compagnie aeree, le loro tariffe i loro accordi. Fra le più recenti notizie spiccano quella relativa alla multa per 800 milioni di euro comminata a 11 aerolinee per cartello tariffario nel settore cargo; del divieto rivolto a Olympic e Aegean di fondersi perché ciò avrebbe creato una situazione di “quasi-monopolio” sul mercato greco (sul quale argomento ci ripromettiamo di intervenire) e infine -ultima in ordine di tempo- l’attivazione della procedura di infrazione verso 11 Paesi UE per problemi riguardanti accordi bilaterali con la Russia. Ed è su quest’ultimo aspetto che intendiamo soffermarci.
A fine gennaio la Commissione Europea ha avviato una procedura di infrazione contro Belgio, Danimarca, Italia, Lussemburgo, Olanda, Svezia e Regno Unito; in precedenza, lo scorso ottobre, stesse comunicazioni erano state inviate a Austria, Finlandia, Francia e Germania. In pratica tutta l’Europa è stata messa sotto indagine per gli accordi bilaterali (ASA, Air Services Agreement) che questi paesi hanno siglato con la Russia.
Nello specifico la CE cita il fatto che gli agreement siglati non comprendono la famosa clausola di designazione UE; in aggiunta la Commissione ha voluto indagare anche sull’accordo che riguarda i sorvoli della Siberia con riferimento alle tasse di radioassistenza.
“La Russia è uno dei pochi paesi al mondo che non riconoscono che tutte le aerolinee UE devono essere trattate ugualmente e che i termini di ogni accordo bilaterale devono includere una clausola di designazione che si applica a tutti” avverte un comunicato di Bruxelles, il quale prosegue avvertendo che una tale mancanza crea “seri e pratici problemi” che mettono a repentaglio i diritti di traffico.
Il problema si era infatti recentemente riaperto proprio su quest’ultimo aspetto, quando prendendo atto dell’avvenuto controllo azionario da parte di Lufthansa del vettore Austrian Airlines (100%) e di BMI, British Midland (100%) , la Russia aveva minacciato di togliere i diritti di traffico che questi due vettori, quali designati dalla loro bandiera originale, godevano sui servizi con la Russia. Qui dovremmo aprire un lungo discorso sulla discutibile prassi, ormai diffusa endemicamente, di acquisire un vettore nella sua totalità azionaria ma lasciarlo volare con il suo brand originale. Per tagliare corto e andando al cuore del problema, un domani ad esempio che Alitalia venisse acquistata al 100% da Air France avrebbe senso dire che essa è ancora una compagnia italiana?
Ma l’aspetto più intrigante del contenzioso UE-Russia è indubbiamente quello riguardante le tasse di sorvolo della Siberia.
In questo caso la CE ha stimato che sette vettori UE hanno pagato oltre 400 milioni di dollari a Aeroflot per il fatto che essi si sono avvalsi del’instradamento via Siberia nell’effettuare i loro collegamenti sull’estremo oriente. Per meglio far comprendere la questione ai lettori sarà bene ricordare che mentre è del tutto normale pagare tasse di sorvolo agli enti preposti al controllo del traffico aereo, non lo è affatto versarli al vettore nazionale del Paese sorvolato. Fra l’altro la UE reputa, giustamente, che ogni cifra pagata ad un vettore che in fin dei conti è un concorrente, finisca per falsare l’equilibrio venendo ad assumere gli aspetti del tanto contestato “sussidio illegale”.
La ragione del contendere, come si vede, è alquanto inusuale ed ha una sua lunga storia che si protrae nel tempo. Risale infatti al dicembre del 2006 la stipula di un accordo tra UE e la Russia in base al quale si confidava di aver messo la parola fine al fatto che le compagnie europee dovevano pagare royaltes al principale vettore russo per poter collegare paesi come la Cina, Hong Kong, Giappone e Corea dall’Europa, sorvolando appunto la Siberia. Evidentemente a conti fatti per le compagnie europee conveniva più pagare queste fees addizionali che non instradare i voli lungo la classica e storica “via della seta” ovvero Europa-Golfo-Sud East Asia. L’obbligo al versamento scaturiva da una clausola contenuta nei bilaterali la quale imponeva la stipula di un accordo commerciale con Aeroflot, e in quell’anno 2006 –sempre secondo fonti UE- le aerolinee europee pagarono circa 300 milioni di euro all’Aeroflot. I punti principali dell’accordo del novembre 2006 prevedevano espressamente che le “aerolinee EC non dovranno essere tenute a concludere accordi commerciali con la Aeroflot per l’uso delle rotte trans-siberiane”, e inoltre si precisava che le fees in questione sarebbero state progressivamente ridotte, fino ad arrivare al 31 dicembre 2013 quando dovevano scomparire, in ossequio fra l’altro con quanto prevede la Convenzione di Chicago circa la non discriminazione nell’applicazione delle tasse di sorvolo. Era anche previsto che “new operations by EC carriers on the Trans-Siberian routes in the transiting period will be free of payments” .
Di questa vicenda ciò che colpisce sono due particolari. Innanzitutto l’azione della UE che in questa fattispecie ha agito a protezione degli interessi della maggioranza delle aerolinee, fatto che val la pena sottolineare in mezzo a tante multe comminate e a tanti divieti imposti. In secondo luogo il fatto che, malgrado l’accordo stipulato nel 2006 tra la UE e le autorità russe prevedesse che il contenuto avrebbe dovuto tradursi in specifici agreements entro il maggio 2007 da parte dei 25 stati membri UE, molti di essi -come abbiamo visto- hanno ritenuto invece opportuno andare avanti e concludere propri accordi con le autorità russe. Ciò evidentemente è stato fatto per risparmiare sulla produzione dei collegamenti svolti, ma esso dimostra pure come le aerolinee vivano con estrema diffidenza l’intrusione di Bruxelles sulle modalità con cui gli accordi bilaterali devono venir conclusi; in effetti una tale intromissione aveva suscitato negli ambienti aeronautici non poche critiche.
Antonio Bordoni