“Dal punto di vista contabile l’FFP rimane una mina vagante…”
Sarà forse perché noi lavoriamo da anni nel settore, ma certo è che quando chiude una compagnia aerea e sappiamo dei problemi che i colleghi dovranno affrontare per riciclarsi altrove, leggendo i giornali e trovando ampio spazio dedicato all’aspetto di passeggeri “preoccupati” che si chiedono che fine faranno i punti-premi da loro accumulati, viene spontaneo pensare fra noi: “beati loro che devono preoccuparsi di queste cose!”
Eppure lo spazio dato dai media a questo aspetto, dimostra quanto ormai il fenomeno dei bollini-premio abbia preso piede e quanti passeggeri siano stati catturati dal suo ingranaggio. Se si naviga nei siti web internazionali ci si accorgerà che il problema che assilla molti passeggeri è ormai sempre lo stesso.
* Domanda: “I have frequent flyer mileage credits on a bankrupt airline. Are they safe?
* Risposta: “No, you may think of mileage credits as “money in the bank” but they aren’t. According to the terms and conditions of these programs, airlines can change or eliminate them at any time, whether or not they are bankrupt”.
Il benefit in questione se a prima vista può apparire una normale ed innocua strategia di marketing, in realtà è ben altro.

Quando in campo finanziario un certo fenomeno cresce a dismisura, lo si denomina “bolla”. Ad esempio in questi tempi è frequente sentir parlare di “bolla immobiliare” volendo con ciò intendere che i prezzi degli immobili sono cresciuti troppo e quindi, da un momento all’altro, si potrebbe verificare l’effetto della bolla, ossia che essa “scoppi”  repentinamente facendo crollare il valore dei beni sul mercato.

Bene, a dar credito dalle cifre che circolano in giro non ci meraviglieremmo affatto se uno di questi giorni sentissimo parlare dell’effetto bolla, riferito ai programmi FFP.

Tutti sanno, o almeno tutti dovrebbero sapere, che una politica atta a premiare il fedele consumatore di qualsivoglia prodotto commerciale e industriale deve avere come presupposto base, un prezzo di vendita che permetta un certo margine di guadagno. Non è un caso se i piani di fidelizzazione sono sorti in anni in cui le tariffe aeree erano ancora “sostenute” e, se negli Usa era appena nato il fenomeno Southwest, in Europa i vettori di bandiera facevano ancora la parte del leone. In un tale scenario il programma aveva un significato, in quanto la struttura tariffaria che le aerolinee applicavano, permetteva loro di poter concedere viaggi gratis pur di assicurarsi la brand fidelity del passeggero. È da tempo però che questa trovata – tenendo conto dei mutati scenari – avrebbe dovuto essere abolita, o radicalmente rivista. Era appena tramontata l’era del FNPL ossia il Fly Now Pay Later   che subito le aerolinee ne inventarono un’altra.
Eravamo nel maggio 1981 allorchè il Wall Street Journal pubblicò la notizia che la United  aveva lanciato un programma per fidelizzare i clienti. Successivamente si venne a sapere che, appena pochi giorni prima dell’annuncio United, anche la American aveva lanciato il suo AAdvantage program. Incredibilmente però a distanza di pochi giorni, come se ognuno di questi vettori attendesse la mossa dell’altro prima di prendere il via, fu la volta della TWA la quale, nel suo annuncio pubblicitario, si vantava di poter offrire il migliore programma in quanto il suo network internazionale era più vasto di quello degli altri vettori che l’avevano preceduta nell’annuncio.

Per la verità già la Western Airlines in chiusura di anno 1980 aveva introdotto il suo Travel Pass Program il quale potrebbe essere a buon diritto considerato il primo tentativo di fidelizzazione. Questo programma consisteva nell’emissione di un travel certificate del valore di 50 dollari a favore di quei passeggeri che avevano effettuato cinque viaggi con la compagnia che aveva come suo motto “the only way to fly”. Il sistema, al contrario di quelli che dovevano in seguito apparire sul mercato, aveva la particolarità di non esser basato sul numero delle miglia percorse.

Lasciamo comunque agli storici la disputa a chi vada il primato del primo lancio dei programmi fedeltà, e addentriamoci piuttosto in cosa abbia significato per le aerolinee, economicamente parlando, l’adozione di questi programmi.

Fedeli al loro motto di sempre e cioè che quello che fa una aerolinea deve essere copiato da tutte le altre, avvenne in pratica che nel giro di poco tempo tutte le compagnie aeree adottarono la nuova moda denominata FFP, ossia il Frequent Flyer Program. Di cosa si tratti crediamo che tutti ne siano a conoscenza. Il passeggero che regolarmente vola con un vettore piuttosto che con un altro, può disporre di un piano di incentivazione che solitamente gli darà diritto, al raggiungimento di una certa quota, a un viaggio gratis. Nel modo più classico di intendere il piano, il passeggero-socio riceve punti basati sulle miglia aeree percorse nei suoi viaggi a pagamento.

Negli anni ottanta ciò portò ad un eccesso di domanda di posti gratis richiesti dai frequent flyers sui voli diretti alle Hawaii delle tre compagnie Pan Am, American Airlines e United. Ben presto ci si rese conto che il piano funzionava egregiamente se ad attuarlo fosse stato un solo vettore, ma esso diventava una bomba a orologeria se applicato dalla generalità dei vettori, in quanto veniva a crollare il suo fondamento principale, quello cioè di riuscire a catturare il passeggero con qualcosa che solo un vettore offre e l’altro no.

Nel 1987 con uno studio ben elaborato Stephenson e Fox (Corporate attitudes towards Frequent Flier Programs) dimostrarono – statistiche alla mano – le negative conseguenze che l’FFP stava producendo sulla salute del settore aereo.

Nel 1988 Mark Lacek, director marketing business-travel della Northwest, lamentandosi dell’escalation di questi incentivi commentò “it’s suicide marketing insanity”. Val la pena anche riportare un commento sul programma FFP della Thai il quale apparve su Airline Business nell’Aprile 1994. “the cost of Thai’s FFP obligations has been reserved and will be written off at the time the rights are utilised. But the extent to which the carrier underestimated its FFP’s popularity -Thai’s forecast of 50.000 members by December 1993 was dwarfed by an actual  figure closer to 200.000 –  emphasises the potentially dangerours effects these programs can have on yield projections”

Ebbene, a questi problemi le aerolinee non hanno reagito abolendo il programma, come forse sarebbe stato saggio, bensì creando le cosiddette “blackout dates” periodi cioè di “embargo” preclusi ai viaggi gratis. La mossa non è piaciuta affatto all’esercito sparso nei cinque continenti dei viaggiatori dei bollini-premi, i quali per tutta risposta hanno reagito creando delle associazioni per meglio reagire a queste prese di posizioni.

Dal punto di vista contabile l’FFP rimane una mina vagante. La passività, o la corrispondente riduzione di revenue, dovrebbe venir registrata nello stesso periodo in cui il passeggero acquista il biglietto che gli darà diritto a futuri viaggi gratis, o invece deve essere registrata nel momento in cui ad esso viene rilasciato il biglietto free? “this is perhaps the biggest debite surronding the recording of a contingent liability”, annotano Bazerman e Watkins in un loro saggio sull’argomento.

La domanda è lungi dall’essere peregrina se si considera che, secondo alcune stime, mancano ovviamente dati certi e ufficiali, appena nel 1988 – quindi dopo nemmeno trascorsi 10 anni dal suo avvio – i titolari di FFP avevano accumulato buoni il cui valore veniva stimato intorno a 1.5 e 3 miliardi di dollari.

Chi volesse avere notizie più recenti, troverà che sul sito EconLog si poteva leggere, datata 8 Gennaio 2005, la seguente notizia:
“by the end of 2004, almost 14 trillion frequent flyer miles had been accumulated worldwide, worth between 1p and 6p apiece. According to a new analysis by the Economist magazine, the global stock is worth more than $700bn (£370bn), more than all US dollar bills in circulation, and streets ahead of Britain’s £42bn of notes and coin”

Tabella

DAL SITO WEBFLYER.COM

Number of people     Number of programs        Cumulative program
participating in FFP    in which the average member    membership
(in millions)        participates            (in millions)

1981    1.8            1.1                2.0
1990    24.1            3.6                87.1
2000    70.0            3.0                209

Chi ci segue da queste colonne, ricorderà certamente che in una serie di articoli denominata “gli errori gestionali delle compagnie aeree” mettemmo in risalto i più eclatanti errori commessi dalle compagnie aeree nel corso della loro attività. Ebbene, l’argomento dei bollini premio merita di venir incluso di pieno diritto nell’ambito di quella serie. Non si tratta infatti di condannare il suo lancio perché, lo ripetiamo, si trattava all’epoca di una trovata che poteva pure funzionare, ma il fatto su cui riflettere è il non aver preso atto nel corso degli anni, con il calo delle tariffe che ha caratterizzato l’industria aerea commerciale, che non era certo il caso di continuarne a proporre la sua attuazione. E il motivo di questa mancata correzione di rotta, immaginiamo sia sempre lo stesso che da decenni sta portando alla rovina il trasporto aereo: il timore che se lo tolgo solo io, gli altri ci guadagnano.
Ma scusate, le associazioni che raggruppano i vettori che ci stanno a fare?

Antonio Bordoni