di Cecilia Emiliozzi.

Città all’avanguardia, Londra lo è sempre stata. Oggi, mentre il mondo discute di energia nucleare o, in qualche caso, è alle prese con i suoi terribili rischi, Londra mostra con orgoglio le sue scelte “ambientaliste”. E non si tratta di scelte dell’ultimo minuto, o dettate dall’impressione che il disastro giapponese ha prodotto, ma di progetti che hanno alle spalle ormai anni di storia, e lunghe e imponenti pianificazioni.

Tanto per cominciare i numeri, incontrovertibili: i 2/3 del territorio urbano sono costituiti da spazi verdi. Dai Parchi Reali, o dal Lee Valley Regional Park, di enormi dimensioni, ai piccoli giardini di quartiere, Londra ha decisamente un preponderante aspetto “green”. Da segnalare l’11 e 12 giugno l’”Open Garden Squares Week End“, fine settimana in cui vengono aperti al pubblico tutti i giardini solitamente chiusi, alcuni dei quali veri e propri capolavori di giardinaggio.

Ma i parchi sono a Londra realtà da vivere, in molti casi organizzatissimi: se il Barnes Wetland Centre è il paradiso dei bambini, con un’infinità di intrattenimenti per loro, al Richmond si può andare a cavallo, in bici, fare kite flyng e probabilmente incontrare qualcuno dei numerosi cervi reali che vivono lì. Ma, si dirà, i Parchi sono pur sempre delle “oasi”, degli spazi limitati, che non sono sufficienti a risolvere i problemi di qualunque metropoli moderna. Vero, ma Londra punta anche sui mezzi di trasporto alternativi, promuovendo, ad esempio, le biciclette.

Entro il 2025 il piano urbanistico prevede la costruzione di nuovi parcheggi per le bici (almeno uno ogni 300 metri) e la creazione di 12 nuove piste ciclabili. E’ inoltre molto facile affittarne una, perché i “rent” sono molto diffusi. Da segnalare c’è sicuramente “Boris Bikes”, che noleggia bici all’imbattibile prezzo di una sterlina al giorno. Altro interessante fenomeno “verde” sono le coltivazioni, per così dire, “urbane”. Se si parla di orti cittadini la memoria va agli “orti di guerra” nostrani, struggente ma a suo modo poetica realtà bellica e postbellica che vedeva crescere frutta e verdura in mezzo ai monumenti più importanti del nostro paese. Certamente quello fu il prodotto della necessità, laddove la necessità era la fame, e l’ecologia era ancora di là da venire, ma tant’è: abbiamo coltivato le nostre città con 60 anni di anticipo rispetto a Londra…

La capitale del Regno Unito però non si limita a questo e ci ha comunque superato in originalità e fantasia: troviamo orti e giardini sui pontili delle imbarcazioni ormeggiate nel Tower Bridge e incredibili allevamenti di api sui tetti degli edifici del Lancaster Hotel o di Fortnum&Mason. Che poi rivendono il miele prodotto nei loro raffinatissimi stores. Più “modaiolo” è il fenomeno del “bio”, che vanta un intero quartiere (Neal’s Yard) disseminato di supermercati, ristoranti, negozi votati alla causa ambientalista. In tutta la città è invece ormai possibile trovare i cosiddetti “Farmer Markets“, piccoli negozi dove i coltivatori portano direttamente i loro prodotti, con costi contenuti e pochissimi passaggi. Una piccola chicca: “Zilli Green Restaurant” ristorante “verde” trendissimo. Tutto italiano.

Cecilia Emiliozzi