Dal 31 gennaio al 19 febbraio; La Contemporanea Mismaonda: Giobbe Covatta Enzo Iacchetti “NIENTE PROGETTI PER IL FUTURO”, scritto e diretto da Francesco Brandi; scene e costumi Nicolas Bovey; musiche Cesare Picco;
disegno luci Christian Zucaro.

Niente progetti per il futuro ha vinto il Premio Flaiano 2009, con la seguente motivazione di Masolino D’Amico: “Dramma sottile e coinvolgente, spesso imprevedibile, nel rappresentare l’incontro di un semplice garagista con un Vip della televisione, colto e intelligente ma egocentrico oltre ogni limite. Ne esce il ritratto di una società intera, priva di valori e piena di contraddizioni.”
Dopo il grande successo di pubblico della scorsa stagione con il tutto esaurito nei maggiori teatri italiani, lo spettacolo sarà in scena a Roma, al Teatro Quirino, dal 31 gennaio al 19 febbraio 2012 e vedrà protagonisti due grandi uomini di spettacolo, per la prima volta insieme a teatro: Giobbe Covatta e Enzo Iacchetti, diretti dal regista Francesco Brandi che è anche autore del testo. Firma le scene e i costumi Nicolas Bovey mentre le musiche sono di Cesare Picco.
Niente progetti per il futuro è un gioco teatrale surreale, una parabola contemporanea, che cerca di raccontare con i toni della leggerezza e del paradosso una società in crisi, dove i valori dell’Uomo appaiono lisi e sfilacciati sullo sfondo di un progressivo impoverimento spirituale.
I due protagonisti non hanno progetti per il futuro infatti sia Ivan (Covatta), che Tobia (Iacchetti), non ne vogliono coltivare, visto che sono due aspiranti suicidi. Diverse le cause: delusione d’amore per il primo, una carriera bruciata il secondo. Si incontrano nottetempo su un ponte pedonale di una grande città qualsiasi. Iacchetti è pronto a buttarsi nel baratro ma viene interrotto sul più bello dal sopraggiungere di un Covatta con la corda al collo.
Nel tempo sospeso tra la vita e la morte si incontrano così due temperamenti e destini diversissimi: uno, Iacchetti, è un uomo che ha avuto e perso tutto, un divo della televisione in disgrazia, ricco, colto e con una bella dose di cinismo. L’altro, il buon Covatta, è un operaio semplice, ma con un cuore grande e una naturale saggezza.
Si incontrano altresì due tipi di umorismo diverso ma complementare, uno del nord, l’altro del sud, a scardinare i tempi teatrali classici della commedia, attraverso improvvisazioni che offrono un respiro sincero e vitale. Emerge infine la capacità dei due interpreti di inserirsi in modo autorevole e originale in una narrazione mai scontata, dove si alternano momenti di grande ilarità a momenti di sorridente melanconia; vince insomma la capacità del teatro di mescolare storia, personalità degli attori, atmosfere registiche e divertimento del pubblico.
È in ultimissima istanza l’incontro fra due disperazioni che provengono da mondi diversi che fa nascere una sottile e solidale amicizia che allontanerà il gesto estremo. Il finale è a sorpresa e, come hanno fatto notare si tratta di “una favola amara con apparente lieto fine.”